film

Il Padrino di Francis Ford Coppola

Ah, quella cinematografia “classica” che si guarda decenni dopo, come ogni persona pigra l’ha guardata. Il Padrino, tuttavia, è ben lontano dall’essere un film classico.

Piuttosto, abbiamo davanti a noi uno dei film proto-mainstream di Entranced che ha definito il tono e lo stile narrativo del cinema “gangster”. Una vicenda prolungata e “torbida”, che può essere generalmente caratterizzata come un’osservazione di gruppi di teppisti in giacca e cravatta.

Tuttavia, non è tutto così univoco: Brando, pur essendo un fannullone, ha realizzato l’immagine di Bigg Boss in modo incredibilmente pittoresco, pomposo e di buon gusto. Insieme al lavoro di ripresa e alla colonna sonora, il film si presenta bene.

Ma questa è la superficie e l’involucro. Cosa c’è dentro?

All’interno, ci viene offerto un esempio esemplare di come non vivere e di cosa non essere. Ma, come nel caso della dilogia del monello domestico, l’idea passò inosservata all’uomo medio che cadde nell’imitazione, ignorando i fatti e la logica di ciò che stava accadendo.

In realtà, assistiamo al dramma di un uomo che è impantanato nel suo passato nel bel mezzo di un futuro non proprio felice. La bellezza del film è che dietro tutto lo stile del Sogno Americano si nasconde solo una falsa macchina senz’anima che mette le persone l’una contro l’altra.

I valori familiari tanto cari a Vito hanno chiaramente eluso i suoi discendenti. E non c’è da stupirsi: il padre era impegnato a organizzare le incredibili avventure degli italiani in America, dimenticando che i figli avrebbero tratto da lui ciò che osservano, non ciò che lui racconta loro giorno dopo giorno.

Cercando di ottenere un’indulgenza per le modalità delle sue “attività”, Vito assiste impotente a ciò che lascia dietro di sé: la discordia familiare regna, gli “affari” non rendono esattamente felici coloro che hanno vissuto grazie a lui, e i suoi discendenti chiaramente non comprendono il percorso innaturale intrapreso dal loro antenato.

E non c’è da stupirsi: non sono fuggiti dalle rappresaglie alla luce di un falso sogno, non sono morti di fame guardando i compatrioti uccidersi a vicenda, non hanno bollito nel calderone sociale del Nuovo Mondo, intessuto di schiavitù e disprezzo. Per loro, la visione di Vito Corleone è estranea. E ognuno di loro è solo un frammento di identità. Come si è visto, insostenibile.

Alla fine, la tragedia fa il giro e tutto torna al punto di partenza: Junior, che all’apparenza sembra avere buone intenzioni, si rivela solo una copia e una somiglianza di Vito, organizzando una sorta di piccolo olocausto per i corvi d’affari locali.

Il motivo per cui ciò accade e come essi, con la loro organizzazione, siano sopravvissuti fino alla loro età è un mistero. Tuttavia, non rovina il dramma, e questo è un problema.

È una buona immagine? È più probabile che sia sì che no.

Vale la pena di guardarlo per tutti? È più probabile che sia no che sì.

Il Padrino originale è un’idea fondamentale e ben realizzata. L’idea che il film ha dello Scumbag e di come le tue aspirazioni non sempre corrispondano alla realtà è piuttosto confusa per essere compresa dai più.

Il film è molto adulto, ma… per un adulto non dice nulla di nuovo, e Michael Corleone non può essere l’innovatore della malavita. E per una persona immatura il film non sarà in grado di mostrare nulla di valido, proprio come Vito non è riuscito a mostrare ai suoi numerosi figli.

L’immagine è buona, a tratti fenomenale. Ma ahimè, non è “classico” e senza tempo.